Ti è mai capitato di sentirti bruciare come un fiammifero?
No, non è una domanda assurda, e non ho neppure dato di matto. È una domanda che spesso mi faccio e che di per sé cela un velato riferimento ad una condizione che in molti vivono quotidianamente.
Nell’ultimo anno e mezzo la vita della maggior parte di noi è cambiata drasticamente, cosa ormai fuori discussione. Abbiamo tutti più restrizioni, spendiamo molto meno tempo andando in giro e sempre di più sui nostri dispositivi tecnologici. Ma una cosa più di altre è certamente cambiata: il nostro modo di lavorare e di concepire il lavoro.
Nell’era in cui lo smartworking sembra essere diventato parte di una routine “scontata” e portatrice di molti aspetti positivi (potersi alzare più tardi, non dover prendere l’auto, poter stare di più con la propria famiglia…), parte dell’attenzione che gli studiosi rivolgono a questo tema si orientata però verso i possibili rischi per la salute, sia mentali che fisici, che questi cambiamenti drastici possono riservare.
Stress, problemi ad organizzare il lavoro, il senso di non avere il controllo sulle attività quotidiane e una confusione generale per la situazione in cui ci si trova, diventano cause di un malessere che, se unite insieme ed amplificate all’ennesima potenza, possono portare una persona a percepire questo malessere come insostenibile e senza via di fuga.
LA SINDROME DA BURNOUT
Cosa succede se oltre a sentire questo stato di disagio e di disimpegno costante, lo stesso si prolungasse a lungo nel tempo?
Ecco che potrebbe scatenarsi in noi una condizione psicologica che già negli anni ’70 era stata evidenziata in soggetti che si occupano di traumi e servizi alla persona (medici, poliziotti, vigili del fuoco…) e che oggi colpisce invece 2 lavoratori su 3 in ogni settore: la sindrome da burnout.
Letteralmente la sindrome del “bruciare”, come un fiammifero per l’appunto, ovvero la condizione per la quale lo stato mentale di una persona si satura di uno stress irrisolto e da una perdita totale di motivazione e di energia verso il proprio lavoro che nel tempo iniziano ad influire negativamente sulla vita quotidiana della stessa.
La dottoressa Christina Maslach, creatrice del Maslach Burnout Inventory, definisce il burnout come:
“una sindrome psicologica che emerge come risposta prolungata a fattori di stress interpersonali cronici sul lavoro”.
LE CAUSE DEL BURNOUT
Le cause sono da ricercare in primo luogo in una mancanza di sapersi autogestire da parte del lavoratore, che trovandosi a casa con meno regole, rischia di perdere la bussola di ciò che deve fare durante il giorno; in secondo luogo dalla mancanza di una divisione netta tra il lavoro e le attività personali con il conseguente accavallamento delle due cose. In poche parole, non si stacca mai la spina.
Quando ci sentiamo “bruciati” quindi, diventiamo esausti, percepiamo un senso di esaurimento opprimente e perdiamo tutto l’impegno e la gioia che una volta avevamo nel nostro lavoro con la conseguente mancanza di realizzazione personale.
Quali strumenti usare per ridurre il rischio di Burnout
Per fortuna oggi esistono strumenti come TimeTrap che ci possono aiutare a darci delle regole e a gestire il nostro tempo lavorativo e personale senza permettere allo stress da disorganizzazione e demotivazione di prendere il sopravvento sulla nostra vita.
Timetrap infatti permette di:
- tornare ad essere padroni del proprio tempo evitando di “bruciarlo” in attività casuali durante la giornata
- pianificare queste attività in blocchi di tempo precisi in cui sappiamo che dedicheremo il 100% del nostro focus a quelle
- gestire e apprezzare al meglio i momenti di “stacco” dal lavoro perchè saremo stati in grado di dedicargli il giusto spazio durante il giorno
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